IPERCORPO

In IPERCORPO. Spaesamenti nella creazione contemporanea

a cura di Paolo Ruffini

edito da Editoria & Spettacolo, anno 2005

 

 

 

 

teatro come IPERCORPO

(o della speranza d’un iperspirito)

il teatro è strafinito.

 

se ad un certo punto è ipernato, prima o poi sarà pure ipermorto.

(rapito da qualche forma di iperressurezione!)

 

tutto ciò di cui sarei capace non è niente rispetto a quello di cui non sono capace ora.

accettato questo, posso più serenamente tentare di vivermi per ciò che, credo, mi somigli. credo.

non è dato. è questione che appartiene a una ricerca.

dovrei sapere di me già abbastanza da conquistare una coscienza. e fidarmi. smetterla qui.

invece mi sorprendo di continuo con la mira verso altro. ho bisogno di dubbi nuovi.

il processo che genera altri dubbi è ciò che mi interessa.

e quello che mi interessa, lo confesso, è quello di cui ho bisogno.

questo stare non aspetta. presume essere già qualcosa d’altro, cominciato in qualche altra forma e in qualche altro dove. io proseguo solamente. solamente mi lascio andare. credo. so di crederlo. partendo da dove sono già finito, posso immaginare una massima distanza.

la massima distanza, invece, non riesco neanche a immaginare.

superato il dubbio sull’esistente, sull’altro che presume l’uno, l’unica certezza, un degno dubbio, è il confine.

quale il confine. quali confini. quale il primo dei confini.

credo proprio di aspettarmi lì. di aspettare lì.

di andare lì a cercare.

il teatro è un appuntamento.

.

sul desktop del mio computer ho da anni un file che s’intitola “la serra”.

lì ci finiscono costantemente appunti, riflessioni, immagini fuori fuoco.

è un non-luogo, uno spazio in-divenire, un tempo ideale eppure certo,

così simile al teatro da avermi costretto ad una password d’accesso neanche troppo originale:

“sipario”.

immagino il teatro come un non finito,

non finibile.

nella sua natura credo sia l’imperfezione

l’imperfezione come aspirazione

l’imperfezione esatta, netta, giusta, precisa

l’imperfezione simile al difetto

il teatro come difetto.

assolutamente imperfetto.

.

il proscenio è la parte più impietosa del palco.

avanzare dal fondo è qualcosa che ha una durata, per intensità, sempre maggiore rispetto all’allontanarsi, viceversa, verso il fondo.

da più vicino, nonostante noi, siamo più sinceri.

il palcoscenico è incapace di mentire.

scrivere è invece un po’ il contrario.

:

le parole che seguono corrono i pensieri.

vengono da pagine diverse da quelle che verranno

o ad altre sarebbero destinate.

invece, per appuntamento, per imperfezione, per difetto,

saranno, qui scendendo, a rinunciare ad un discorso organizzato e scritto in falsa forma.

si faranno leggere non pronte, con i concetti che esse possono, come fossero in proscenio.

fare la verità.

.

la verità mi piacerebbe. che tutti la dicessero. che tutti la facessero.

la verità.

che il teatro italiano si autodenunciasse, tutto, in blocco. per le proprie mancanze, per i propri espedienti, per il non-coraggio che spesso non è paura, è non-coraggio.

e che lo facessero gli artisti, e i critici. i direttori artistici e organizzativi.

le amministrazioni, i responsabili culturali di comuni, regioni, province.

la commissione consultiva del ministero, il ministro, il governo. e chi sta all'opposizione.

perché chi agisce la scena, chi la osserva, chi la partecipa, chi la gestisce,

non ha solo la responsabilità dell'analisi critica ma anche il dovere delle proposte.

di altre ancora. di altre ancora. di altre ancora. ancora.

non ci si può stancare.

chiedo altre parole, le più vicine possibile alla concretezza delle azioni.

a lei lo chiedo, a te, se hai voglia tu, di guardare in faccia ancora le cose e le persone.

qual'è il senso vero di questo nostro stare?

qual'è la verità?

il teatro è di tutti. il teatro è tutti. il teatro siamo.

non c'è altro da dire.

non ci sarebbe, credo, se le persone, le persone!,

.

.

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chi fa teatro è già un sopravissuto.

con la paura addosso di perdere il metro quadro che lo tiene in piedi.

il metro quadro conquistato spesso un po’ per merito e un po’ non.

abbiamo visto troppe menti della nostra generazione…

(e neanche le migliori)

un metro quadro che rimane un metro quadro.

in alcuni casi anche ben fornito; certe volte addirittura ricco.

da difendere ad ogni costo perché è costato caro. caro. caro. troppo caro.

ma quanto? chi ha pagato? chi è che paga ancora? noi paghiamo il tempo. con l’immobilismo.

c’è un tempo che reclama:

CONTRO L’INSOSTENIBILE E IMPOSSIBILE IMMOBILITA’ DEL TEATRO

DEI TEATRI IMMOBILI

STABILI.

la battaglia per il penultimo posto è sempre più cruenta di quella per il primo.

 

io non resisto.

alla precarietà. alla volgare sufficienza. alla pochezza della sola parodia. alle promesse del potere.

al potere.

ai titoli provvisori. alla vaghezza delle idee.

allo spaccio del futile e alla nebbia artificiale che richiede il mascherare.

alle bassezze di chi è troppo in alto per guardarlo in faccia.

a quelli che sono troppo avanti.

ai geni e alle benedizioni dei maestri.

agli inganni della cultura. alla cultura come arma. alle armi.

al teatro che non c’è bisogno.

a quello che non serve, grazie, a niente.

- prego!

agli ottimizzatori. ai maghi. ai falsificatori. ai mercanti. agli scambisti. ai cacciatori. ai replicanti.

al nichilismo. allo sticazzismo.

io non resisto e non combatto e non compatisco.

non ho pazienza né un rinnovabile vigore.

non sono forte io!

 

 

la ricerca è “a perdere”

il teatro non è trovare.

il teatro è sempre “di ricerca”.

il teatro di ricerca non trova.

il teatro è perdere.

cerco di imparare a perdere.

perdere. regalare.

una lezione è sul separarsi dalle cose.

una lezione è sul separarsi.

riuscire a separarsi.

il teatro è rinunciare.

il mio spettacolo non m’appartiene.

il mio spettacolo è a disposizione.

come me. come il palco che si è fatto scenico.

come i classici che sono un’occasione.

il teatro è un’occasione.

il teatro è un atto di responsabilità.

il teatro è un dono.

il teatro è malintesi,

perché tesi e antitesi convivono per progetto

cosa può davvero uno spettacolo

cosa non può

cosa dovrebbe

cosa non dovrebbe mai

ma quello che potrebbe è quello che può.

e se può, dovrebbe?

il teatro come dubbio:

a chi serve il teatro?

a che cosa?

siamo sicuri che uno spettacolo debba servire a qualcosa?

sulla raffinata inutilità degli spettacoli teatrali:

il teatro come lusso.

lusso necessario?

riconoscerlo, sì, come “non bisogno”

e volerlo, comunque, a tutti i costi?

il teatro come colpa?

il teatro è necessario?

siamo tutti necessari?

tutti sostituibili?

è vero. è vero.

siamo tutti non sostituibili.

il teatro è non sostituibile.

è falso. è falso. lo siamo tutti.

vieni a vedere.

il teatro è la piazza attiva dell’incontro.

ci si trova dentro le differenze.

non dentro le affinità.

mi attrae ciò che è distante.

non è vero.

sì, me ne vado.

ciao.

aspetta.

.

aspetta.

.

abbiamo fatto tutti i passi, abbiamo atteso con pazienza (resistenza).

abbiamo sperato che la creazione di un’opera non fosse giudicata che nel metodo,

che non fosse giudicata già.

abbiamo pensato, detto, chiesto, chiamato e atteso ancora.

poi qualcuno in mezzo a un buio di platea ha risposto e chiesto invece a noi di noi.

e fingendo, ma fingendo veramente, siamo rimasti a far la conta di quanti siamo ora.

quanti siamo, e come, non riusciamo più a capirlo.

siamo solo un po’ diversi dentro grandi differenze.

in assenza di incoscienza,

come accade sempre quando ci si trova sulla lingua la bugia migliore,

l’invenzione è riscoprire e far finta di inventare.

non siamo andati mai da alcuna parte.

quindi, quindi, quindi,

sono ancora cazzi nostri!

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ma anch’io sto fingendo veramente!

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il teatro è il luogo dove ho incontrato le persone peggiori che conosca.

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io sono una delle persone peggiori che conosca.

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ma perché la mia capacità teatrale, se ne ho una,

deve essere mortificata dalla mia capacità di sopravvivenza?

 

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il teatro è il luogo dove ho incontrato le persone migliori che conosca.

.

io sono una delle persone peggiori che conosca.

 

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in quanto artista voglio tutto, anche un assistente sociale personale.

qualcuno dice: e gli ammortizzatori sociali.

in certi giorni sono così artista che pretenderei un assistente artistico.

e un mercato teatrale, addirittura.

e un assistente ammortizzatore.

e, addirittura, un mercato teatrale.

.

forse non sono così artista?

guarda quanto sono artista!

:

poesia (con guida alle pause tra un verso e l’altro):

 

mi vergogno del teatro (pausa antica e occhi un po’ bassi)

mi vergogno del teatro che mi compie appena (pausa e leggero movimento della testa)

mi comprende, forse sì, comprenderà (pausa breve e rapida occhiata davanti a sé)

mi vergogno pure te (pausa moderna ma condivisa)

mi vergogno voi. per me (pausa in mezzo al verso e finale con occhi lucidi)

per tutti si vergogna (silenzio che faccia da eco e occhi fissi ma tenuti. testa appena bassa)

.

hai letto quanto sono artista? lo hai fatto con voce disponibile?

.

non venire. non tornare. (voce in crescendo)

più. più. più. (voce in crescendo)

tu ce l’hai il coraggio? (voce cresciuta)

vergognati! (voce a perdersi ma “per non dimenticare”)

.

 

un giorno ho letto “c’è un bel sole!”

“c’è un bel sole!” l’ho riscritto ed ogni tanto lo rileggo e mi credo di guardarlo in faccia, di sentirlo soprapelle, di poterlo salutare con l’inchino prolungato di chi carica le spalle delle mani di chi guarda e ascolta e chiede, forse, di poter restare e basta. senza niente.

senza mani.

 

boom!

permesso?

 

 

le compagnie di teatro sono definite dal ministero “imprese di produzione”.

(discutiamo dell’impresa? [oppure la ammettiamo?])

.

all’ETI pochi anni fa ci fu un corso in cui il pubblico veniva definito “il cliente”.

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come se lo spettacolo fosse solo di chi lo pensa e lo realizza.

e gli spettacoli che mi appartengono come spettatore?

sono tutti miei. anche miei. e di chi c’era.

(e grazie, grazie, profondamente grazie, a chi a teatro invece non va mai).

 

una pagina con delle belle frasi,

è comunque una pagina

 

la bellezza non si racconta.

(la bellezza e il coraggio, bla bla,

il coraggio della bellezza e la bellezza del coraggio)

la bellezza è

 

bla bla

 

confronto

con fronte comune

 

ciò che mi spinge in scena è la prima cosa che poi in scena mi respinge

tutto quello che detengo, mi detiene

c’è del marcio nel teatro

il teatro è una prigione

 

 

la teoria del bravismo. che io speriamo che me la cavo.

una buona pratica: l’ardore e disincanto nel nuovo teatro e nelle vecchie istituzioni

 

teorie e tecniche delle comunicazioni di massa.

teorie e tecniche delle comunicazioni non di massa.

teorie e tecniche delle non comunicazioni.

 

 

se in teatro è già stato fatto tutto,

perché c’è da fare ancora tutto?

 

siamo in un paese in cui servono le idee per realizzare le idee.

allora metterò uno spettacolo negli spettacoli per fare gli spettacoli.

.

boom boom bla bla

viva l’italia e chi la tifò

non abbiamo i soldi per andare a lavorare

servono i soldi per andare a lavorare!

 

 

se la sensazione è vedere una luce nel tunnel,

la conferma non è la luce, è il tunnel...

 

 

politica e cultura

sono due parole che incontrandosi palesano sempre il forte imbarazzo di non capire chi delle due deve fare l’aggettivo all’altra.

allora spesso restano due sostantivi non concordi per genere e numero e si affidano alla fantasia del dicitore che, se italiano, riesce sempre a mortificarle entrambe.

due punti:

invece di immaginarci il futuro dobbiamo inventarci il presente

invece di immaginarci il futuro dobbiamo inventarci il presente

 

 

kamikaze

andiamo a fare la pace.

la guerra c’è sempre.

rimane da fare solo la pace.

non scoppia la guerra.

la pace è una cosa che si fa.

la guerra c’è sempre.

fai scoppiare la pace.

intanto, scoppia tu.

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la pace è una disposizione della mente.

la guerra, pure.

perché le persone non si parlano?

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per riuscire a dire qualcosa bisogna esser capaci di un linguaggio.

 

lo Stato come concetto astratto o realtà etica.

 

per capire qualcosa bisogna essere capaci d’una fantasia.

 

il Teatro come concetto astratto o realtà.

 

per compiere qualcosa bisogna essere capace di un coraggio.

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ché saltare, ché saltare, ché saltare,

è come aver deciso di volare.

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il teatro è sempre aperto.

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io?

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ho comprato un’armonica a bocca

perché non so suonare altro che i miei respiri

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devo andare in bagno e ho fame e sonno.

buonanotte.

 

(continua)

il mattino ha l’oro in bocca. il mattino ha l’oro in bocca. il mattino ha l’oro in bocca.

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e noi?

noi, buongiorno.

(continua)

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il teatro (continua)

 

 

Roberto Latini