METAMORFOSI

(di forme mutate in corpi nuovi)

da Ovidio

traduzione Piero Bernardini Marzolla

adattamento e regia Roberto Latini

 

musiche e suoni Gianluca Misiti

luci Max Mugnai

costumi Marion D'Amburgo

coreografie Erika Silgoner

 

con Sebastian Barbalan, Alessandra CristianiClaudia Della Gatta, Ilaria Drago, 

Esklan Art's FactoryGiancarlo Ilari, Roberto Latini, Savino Paparella

Francesco PennacchiaPietro Piva, Carlo Vicari, Paola Zaramella

 

direzione tecnica Max Mugnai

organizzazione Nicole Arbelli

riprese video Mario Pantoni

foto Futura Tittaferrante

 

produzione Fortebraccio Teatro, Festival Orizzonti Fondazione Orizzonti d’Arte

con il sostegno di Armunia Festival Costa degli Etruschi


Penso a Le Metamorfosi di Ovidio come a un prezioso vocabolario per immagini. Questo è il testo di riferimento di tutta la letteratura moderna e contemporanea.

Voglio provare a interpretare teatralmente il linguaggio, la struttura e i suoi episodi. Voglio provare l’occasione di non mettere in scena quei Miti, ma "tradurre", nell'etimologia comune di tradire e tradizione, ciò che alcuni Miti sembrano custodire per il contemporaneo. I concetti e le derive possibili declinabili da ogni episodio descritto da Ovidio, mi permettono di immaginare e costruire materiale teatrale mantenendo strutture e riferimenti; allo stesso tempo, mi permettono di provare un percorso ogni volta diverso nel montaggio degli episodi scelti. Mettere la nostra percezione sensibile in relazione con i concetti lì espressi, credo possa darmi la possibilità di provare a costruire una sintassi per il contemporaneo nelle grammatiche di contenuti, struttura e forma. Il concetto stesso di Metamorfosi è davvero così fondamentale per il contemporaneo che anche il Teatro che siamo - e che diventiamo insieme – credo possa essere spiegato nei tentativi di precisare, trattenere e assecondare questo concetto. E' come se "metamorfosi" fosse una chiave per i generi e anche per la possibile interpretazione dei processi di ricerca. Non voglio provare a definire, ma voglio lavorare sulle metamorfosi del linguaggio teatrale, sulle sue sollecitazioni, sui suoi limiti e sulle capacità di dire oltre l’evidente.

 

La vastità dell’Opera di Ovidio è tale per cui non può esserci scelta diversa da quella di dividere per episodi la struttura della proposta.

La successione narrativa contenuta ne Le Metamorfosi spazia dalla creazione dell’Universo fino alla morte di Cesare: dal Caos alla fine di un Mondo, di un Tempo, tutto lo sforzo ovidiano mi sembra sia nel mettere ordine nel mezzo.

La narrazione dei Miti sembra avere questo costante sottotesto, questa aspirazione, sicuramente.

Voglio rinunciarvi da subito, non mettere in ordine, in nessun ordine, anche per non rischiare la costrizione di un eventuale percorso filologico, piuttosto provare a liberare ulteriormente, ad aprire e moltiplicare, per stare in una drammaturgia mobile e tentare una scrittura scenica in movimento che possa tramutare l’inafferrabilità nell’accoglienza di un concetto di apertura e trasformazione.

 

Contrastare la narrazione o la successione narrativa e procedere come tra fotogrammi o stanze improvvisamente aggiunte ai lampi del pensiero.

Quanto prodotto di volta in volta deve essere nella disponibilità di trasformarsi e svilupparsi per montaggio, senso e capacità di superarsi. I diversi Miti, selezionati, distillati e sovrascritti devono conservarsi e articolarsi nella tensione verso possibili moltiplicazioni di senso.

 

Credo sia fondamentale che il pensiero artistico si collochi nel giusto atteggiamento. Le Metamorfosi mi sembrano, per quello che in questi anni è diventato il nostro percorso, l'occasione più interessante, per prossimità, stimoli e distrazione di confine.

 

R. L.